L’esposizione di Albissola si articola attorno ad una forma precisa, una di quelle ricorrenti nel lavoro del maestro torinese, a partire dalla fase espressiva informale degli anni ’60, che coincide con il trasferimento di Ruga sulla collina di Mongreno (TO). Le esperienze spazialiste, orientali e nucleari influenzano la ricerca e la gestualità dell’artista, il quale individua nella forma archetipica e geometrica del cerchio una soluzione formale per la costruzione dell’immagine, compiendo una riduzione del linguaggio visuale come nella pittura di Domoto, Crippa e Scanavino.
Il cerchio – così come la spirale – permette di ordinare il caotico immaginario di Ruga, dominato da sentimenti e stimoli contrastanti con i quali l’artista torinese ha sempre dovuto fare i conti: “La germinazione di queste due figure – scrive Bochicchio nel volume “Angelo Ruga. Sulla soglia del labirinto” (2021) – va forse collegata alla sfera psicologica ed emotiva dell’artista e testimonia l’emersione di una nuova sensibilità poetica, che corrisponde a un inedito ciclo di vita.”
In mostra sono proposti lavori pittorici degli anni ’80 e ’90 contraddistinti da segni biomorfi: è la vita della campagna a stimolare queste soluzioni artistiche, che raccontano di un uomo immerso nella natura, con le sue bellezze e, soprattutto, le sue insidie e i suoi pericoli, come suggeritoci dai titoli.